martedì 12 ottobre 2021

Romeo e Giulietta al Globe Theatre


A quasi quattrocentotrent'anni dal suo debutto, Romeo e Giulietta rimane una delle opere più rappresentate, riadattate e influenti della storia del teatro. L'anno scorso il Covid ci ha privato di un allestimento al National Theatre con Josh O'Connor e Jessie Buckley (poi diventato un film). Ora è il Globe a ricreare una piccola Verona londinese lungo il Tamigi in un nuovo allestimento firmato da Ola Ince e con Rebekah Murrell ed Alfred Enoch nei panni dei celebri star-crossed lovers.

Questa nuova messa in scena, in cui il testo viene accuratamente tagliato per diventare davvero un "two hours traffic", pone al centro della propria azione una società al collasso. Non stiamo parlando di uno scenario apocalittico, ma un mondo sorprendentemente simile al nostro in cui i servizi e le infrastrutture che dovrebbero occuparsi dei più fragili sono virtualmente assenti. In questa Verona in mano a un principe che è essenzialmente un dittatore, i giovani si trovano completamente allo sbando e senza nessuna figura a cui rivolgersi. Il vero protagonista di questo allestimento, infatti, è il disagio giovanile e non l'amore. Su uno schermo sopra il palco vengono proiettati dati e statistiche ("about 20% of teenagers experience depression before they reach adulthood", “the rational part of the young person’s brain is not really developed until age 25”) che offrono nuovi spunti di lettura dell'opera. Quando Romeo si isola dal mondo a causa del rifiuto di Rosalina, per esempio, possiamo scorgere nel suo stato i sintomi della depressione. O, come ci informa lo schermo, i giovani che non hanno un vero rapporto con un genitore o un tutore sono più inclini a gettarsi in relazioni avventate e tossiche, che è il modo in cui la Ince ci invita a vedere Romeo e Giulietta.

Rebekah Murrell (Giulietta) ed Alfred Enoch (Romeo)
 
Questo infatti è un allestimento della tragedia shakespeariana in cui non c'è spazio per il romanticismo e neppure per l'amore. Noi come pubblico non riusciamo mai a credere che i due adolescenti siano profondamente innamorati – e questo non certo per delle mancanze da parte dei due bravi protagonisti – ma guardiamo a questa relazione malsana come a un sintomo di un grave disagio sociale. Mentre in Mercuzio e Tebaldo (i carismatici Adam Gillen e Will Edgerton) questo disagio si manifesta nella violenza, nell'uso della droga e in atteggiamenti da baby gang, Romeo e Giulietta investono in una relazione folle e avventata tutti i sentimenti che non trovano sfoghi più costruttivi, avvinghiandosi l'uno all'altro con il solo risultato di colare a picco più in fretta. I due non si scambiano mai neanche un bacio in questa messa in scena scarna e priva di poesia.

Rebekah Murrell è Giulietta

Certo, quelle fatte dalla Ince sono scelte drastiche ma – forse sorprendentemente – funzionano. Per quanto spesso la regia sia troppo calcata, il risultato finale colpisce per la sua visione coesa e soddisfacente. Gli amanti adolescenti si aggirano in una Verona in cui non hanno nessuno che li possa o voglia aiutare: il frate Lorenzo di Sargon Yalda è sempre impegnato nel giardinaggio e il suo ritratto del religioso è quello di un pastore che, pur pieno di buone intenzioni, è più interessato al suo orto che al suo gregge. La scena in cui Giulietta scopre del suo fidanzamento con il conte Paride è particolarmente angosciante, perché in essa non vediamo dei genitori che saranno anche tirannici ma sinceramente interessati al benessere della figlia, bensì l'apatia e l'incapacità di occuparsi di lei: quando Lady Capuleti (Beth Cordingly) lascia il palco affermando "Do as thou wilt, for I have done with thee" comprendiamo a fondo la solitudine dei due protagonisti.  

Festa a casa Capuleti

Certo, come direbbe un'altra eroina shakespeariana, non è tutto oro quello che luccica, e l'allestimento è lungi dall'essere perfetto: la Ince potrebbe avere un po' più di fiducia nel suo pubblico ed essere un tantino più sottile nel suo approccio, gli attori spesso faticano a farsi sentire senza il microfono e la scena del ballo a casa di Giulietta è un autentico disastro. Tuttavia, questo rimane un Romeo e Giulietta molto adatto all'epoca del Covid: tra la malattia stessa e i provvedimenti presi per combatterla, i giovani hanno spesso pagato il prezzo più alto e tantissimi adolescenti non hanno potuto socializzare o vivere esperienze formative fuori da Zoom o Skype. Ed è quanto mai sorprendente il fatto che la lettera di frate Lorenzo in cui vengono spiegati i dettagli del piano non arrivi mai a Romeo nel suo esilio a Mantova perché la città è in quarantena a causa della peste. Le conseguenze, come tutti sanno, sono tragiche e vediamo situazioni simili anche noi oggi con l'aumentare dei casi di depressione e addirittura suicidi tra giovani e giovanissimi. L'opera termina con la morte di Romeo e Giulietta: non c'è riappacificazione tra le due famiglie, nessuna statua sarà eretta come monito e memoriale. I Capuleti e i Montecchi non imparano nulla, la società resta indifferente e immutata: speriamo che almeno noi potremo fare meglio.

In breve. Una regia intelligente (anche se non sempre misurata) punta i riflettori sul disagio giovanile in un Romeo e Giulietta che non commuove, ma fa riflettere.

★★★

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