lunedì 18 febbraio 2019

Edward II alla Sam Wanamaker Playhouse


Scritta un anno prima della sua morte nel 1593, la tragedia di Christopher Marlowe sullo sfortunato Edoardo II d'Inghilterra è da molti considerato il suo capolavoro. Appena incoronato re, Edoardo richiama il suo favorito Gaveston dall'esilio, scatenando la gelosia della moglie Isabella e l'ira degli aristocratici: il sovrano infatti favorisce Gaveston a loro, arricchendolo con fondi e titoli che spetterebbero alla nobiltà o alla chiesa. La faziosità tra il re ed i suoi nobili si trasforma in una guerra civile guidata da Mortimer ed Isabella, la cui sete di vendetta non si esaurisce con l'uccisione di Gaveston. Sconfitto ed incarcerato, Edoardo viene costretto ad abdicare in favore del figlio, Edoardo III, per poi essere giustiziato crudelmente per oridere di Mortimer. Spetterà al giovane re riportare l'ordine nel regno e assicurare la madre e Mortimer alla giustizia.


Il Globe è sicuramente noto per i suoi allestimenti estivi all'aperto nella tradizione elisabettiana del sedicesimo secolo, ma non tutti sanno che il teatro del Southbank ha anche una sala più piccola e al coperto, una meravigliosa ricostruzione di una playhouse giacobita illuminata solo da candele. Ed è proprio la Sam Wanamaker Playhouse ad ospitare questo elegante revival della tragedia, diretta con grazia ma con poche sfumature da Nick Bagnall. Il regista riesce sicuramente a bilanciare il forte aspetto omoerotico delle prime scene con la natura intensamente politca della tragedia, anche se la sua produzione sembra soffermarsi più sull'aspetto estetico che sulla dimensione interiore dei personaggi: il risultato finale è godibile ma poco incisivo. Con l'eccezione degli ottimi Tom Stuart nella parte del protagonista e Colin Ryan nel duplice ruolo del giovane Spencer e di Edoardo III, il resto del cast è più declamatorio che introspettivo. L'arrogantissimo Gaveston di Beru Tessema ci fa provare sicuramente molta simpatia la regina oltraggiata di Katie West, che però non convince nel ruolo della sovrana guerriera del secondo atto.

Tom Stuart

Il revival ha la pecca di evidenziare invece che tentare di risolvere i difetti del testo: la nota incapacità di Marlowe nello scrivere personaggi femminili si incarna in Isabella, che passa da vittima a principessa guerriera con una misteriosa inversione a u. Certo, sarebbe più facile comprenderla se credessimo che è stata travolta dall'amore per Mortimer, ma in questa versione lo spettatore non vede mai la passione tra i due. Il secondo atto è più intenso e viscerale, la qualità delle interpretazioni migliora e Tom Stuart in particolare è decisamente commovente nella scena dell'abdicazione, qui messa in scea in modo tale da creare interessanti parallelismi con il Riccardo II di Shakespeare. Bill Barclay ha composto la colonna sonora che, eseguita dall'orchestrina rinascimentale dal vivo, aiuta a creare con garbo l'atmosfera. Anche se l'allestimento è a tratti insoddisfacente, Edward II alla Sam Wanamaker Playhouse rimane una bella produzione, scorrevole ed esteticamente curata, che fa rivere la tragedia di Marlowe con buon gusto e sentimento.

In breve. L'affascinante atmosfera della Sam Wanamaker Playhouse riesce a nascondere il grosso delle pecche di un revival non sempre incisivo, ma sicuramente elegante.

★★★½

lunedì 11 febbraio 2019

Chita Rivera alla Cadogan Hall


Insieme ad Angela Lansbury, Chita Rivera rimane l'ultima leggenda della golden age di Broadway e, al contrario della più celebre "Signora in giallo", tutta la sua carriera è stata dedicata esclusivamente al teatro. Una carriera straordinaria che abbraccia sette decenni e che l'ha vista apprezzattissima interprete delle opere teatrali di Brech e Lorca, ma soprattutto dei musical di Kander & Ebb e delle coreografie di Bob Fosse. Chita infatti è quella che in gergo viene chiamata un "triple threat", un'artista che sa ballare, recitare e cantare alla perfezione. La sua lunga attività teatrale è stata costellata di onori e risconoscimenti tra cui i Kennedy Center Honors, la medaglia presidenziale per la libertà, dieci candidature ai Tony Award, di cui due vinti nel 1984 e nel 1993 a cui si è aggiunto un terzo Tony onorario alla carriera l'anno scorso. Il primo grande successo arrivò nel 1957 con la produzione originale del leggendario West Side Story, in cui la sua performance nel ruolo minore di Anita la trasformò in una star. Le decadi successive la videro protagonista di altri grandi musical che misero in mostra la sua versatilità e il suo talento nella danza, tra cui Sweet Charity e l'indimenticabile produzione originale di Broadway di Chicago, che la vide interpretare Velma Kelly (il ruolo di Catherine Zeta-Jones nel film) accanto alla Roxie di Gwen Verdon.

Chicago segnò la prima di una lunga e fruttuosa collaborazione con il compositore John Kander ed il librettista Fred Ebb (già autori di Cabaret), il cui musical The Rink la portò a vincere il Tony Award alla migliore attrice protagonista nel 1984 per la sua interpretazione accanto a Liza Minnelli. Ancora a Kender & Ebb si lega forse il ruolo più celebre, quello della fatale "donna ragno" nel musical tratto dal romanzo di Manuel Puig Il bacio della Donna Ragno. Diretta dal grande Harold Prince, Chita Rivera interpretò il personaggio eponimo a Toronto, Londra e Broadway, dove vinse il suo secondo Tony Award. All'età di settant'anni tornò a Broadway per danzare il tango con Antonio Banderas in Nine, il musical tratto dal capolavoro di Fellini , mentre a 82 fu un'indimendicabile Claire Zachanassian in The Visit e a 85 fece il suo debutto alla Carnegie Hall. Oltre venticinque anni dopo la sua ultima apparizione sulle scene londinesi in Kiss of the Spider Woman, Chita Rivera ha fatto un trionfale ritorno nella capitale del teatro europeo con due concerti in scena alla Cadogan Hall, la celebre sala da concerto nel cuore di Chelsea.

Chita Rivera a Broadway in West Side Story (1957) e The Visit (2015)

E non c'è che dire, vedere Chita Rivera in concerto è davvero una grande emozione, perché a dispetto dell'età riesce ancora a ballare, cantare e intrattenere come artisti con la metà dei suo anni pregherebbero per saper fare. E credetemi, se riuscite a strappare al notoriamente rigido pubblico londinese cinque standing ovation e quattro chiamate alla ribalta, allora siete bravi davvero. Da numeri più energici come "Carousel" ad altri più intimi come "I Don't Remember You", Chita tiene in pugno il pubblico dal momento in cui entra in scena con un medley di Chicago e Kiss of the Spider Woman e basta vederla anche solo accennare i movimenti dei suoi numeri più celebri per ritrovare la grandissima ballerina che è stata. Peccato per alcuni problemi tecnici con l'acustica della sala, l'orchestra troppo forte e un batterista un po' troppo esuberante, una serie di fattori che a volte rendevano difficile sentire l'attrice. Cadogan Hall è notoria per questo, l'acustica della sala l'ha resa perfetta per la musica sinfonica e da camera, un po' meno per recital basati sulla voce.

Chita Rivera in concerto nel 2017

Tantissimi momenti indimenticabili, nel primo atto con "Where Am I Going Now" da Sweet Charity - in cui nel 1969 rimpiazzò Gwen Verdon nel tour statunitense - e soprattutto nel secondo, quando si è tolta sessant'anni dalla spalle per danzare e cantare sulle note di "America", il suo cavallo di battaglia dai tempi di West Side Story. E il grande finale con "All That Jazz" chiude la serata in bellezza e corona un concerto e una carriera segnata dai trionfi e dall'incondizionato amore del suo pubblico. Due settimane dopo il suo ottantaseiesimo compleanno, Chita Rivera ci ricorda ancora di che stoffa sono fatte le grandi star del musical e lascia sperare che torni presti a recitare a teatro.

In breve. Neanche un'acustica problematica riesce a rovinare il trionfale ritorno a Londra di una delle più grandi star di Broadway.

★★★★½