domenica 31 ottobre 2021

Metamorphoses alla Sam Wanamkaer Playhouse


Pochi autori hanno influenzato la cultura occidentale quanto Ovidio. Dante lo incontra nel limbo insieme ad altri grandi poeti come Omero, una scelta che ha suscitato perplessità in alcuni critici dell'ottocento e primo novecento, quando Ovidio era caduto in disgrazia. Ma non c'è da stupirci: gli echi delle Metamorfosi si sentono ovunque nell'Inferno – mai tanto evidenti quanto nel XXIV canto – e se pensiamo a un'altra delle grandi opere della nostra letteratura, il Canzoniere, non possiamo che chiederci quanto sarebbe più corta e più povera se Petrarca non avesse letto Ovidio. Ma questo fenomeno non si limita di certo all'Italia: il primo riconoscimento del genio di Shakespeare a noi pervenuto risale al 1598, quando Francis Meres scrisse che "the sweet witty soul of Ovid lives in mellifluous and honey-tongued Shakespeare". Ovidio è ovunque in Shakespeare: non solo nei sonetti e nei poemi narrativi, ma anche nel teatro. È la "sweet witty soul" di Ovidio ad averlo reso così popolare attraverso i secoli e i millenni, uno stile ricco e arguto, sottile e profondo, che si accompagna a una fantasia senza rivali. Ed è quindi quanto mai appropriate che alla Sam Wanamaker Playhouse, la ricostruzione di un teatro privato del periodo giacobita all'interno del complesso del nuovo Globe Theatre, vadano in scena le Metamorfosi di Ovidio, la titanica opera poetica che influenzò molte delle tragedie e delle commedia che furono rappresentate al Blackfriars Theatre.

Steffan Donnelly

Scritta da Sami Ibrahim, Laura Lomas e Sabrina Mahfouz, questa nuova riduzione teatrale delle Metamorfosi racconta una dozzina dei miti più noti nell'arco di quasi novanta minuti. Mentre l'acclamato adattamento di Mary Zimmerman stupiva per la sua poesia e la sua regia sofisticata, le Metamorphoses del Globe rifiutano effetti speciali per concentrarsi sul potere dello story-telling: al contrario del Macbeth dell'Almeida, qui è l'attore ad essere sempre e comunque al centro dell'attenzione ed è l'attore ad avvinghiare il pubblico con il ritmo intelligente della narrazione. Tra i miti raccontati – come quello di Orfeo, di Fetonte, di Atteone, di Mida e di Filomela – si può individuare un filone narrativo: l'ingiustizia e il prevaricamento, quello degli dei nei confronti degli uomini e quello degli uomini nei confronti delle donne. Oscillando tra momenti comici e altri tragici, la pièce ci racconta dello strapotere e delle sue vittime (solitamente femminili), dell'impossibilità di ottenere giustizia o, almeno, un'ammissione di colpevolezza. I miti sono rimaneggiati per piegarsi alla poetica degli autori – come del resto tutti questi miti sono stati scomposti e riscritti per secoli nei loro infiniti adattamenti letterari, teatrali, operistici o pittorici – e terminano però con una nota positiva, con una speranza di accountability. Al contrario dell'opera ovidiana, queste Metamorfosi terminano con il mito di Fetonte: quando Apollo guarda inorridito la devastazione della terra e la morte del figlio riesce finalmente ad ammettere che la colpa è tutta sua.

Irgan Shamji

I quattro attori – Steffan Donnelly, Fiona Hampton, Charlie Josephine ed Irfan Shamji – si alternano in dozzine di ruoli, portando alla luce il mondo di Ovidio con il solo potere della parola e semplici mezzi teatrali: quando Donnelly racconta dello stupro di Filomela, Josephine mangia voracemente una pesca, per poi sputarla quanto alla principessa ateniese viene mozzata la lingua. La regia di Sean Holmes e Holly Race Roughan è semplice e fantasiosa, ma non priva di pecche: a volte la pièce assume dei toni un po' troppo da scuola di recitazione e la scenografia di Grace Smart rovina soltanto lo splendido fondale in legno della Sam Wanamaker Playhouse. Tuttavia, il risultato finale è notevole e, a lume di candela, i personaggi delle Metamorfosi rivivono ancora una volta raccontando le storie che hanno forgiato il nostro immaginario collettivo, risuonando sempre attuali e moderne.

In breve. Una messa in scena semplice e fantasiosa fa risaltare il potere della parola e della narrazione in una nuova riduzione teatrale del capolavoro di Ovidio.

★★★½

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