lunedì 29 novembre 2021

The Prince of Egypt al Dominion Theatre

Da quando la Disney adattò La bella e la bestia per le scene nel 1994 diversi altri produttori teatrali hanno intravisto le possibilità di trasformare film d'animazione in musical teatrali. È una scelta rischiosa, ma per un produttore i vantaggi sono molteplici: il titolo da solo attirerà famiglie con bambini, la colonna sonora è spesso ben collaudata (e non di rado premiata con un Oscar o due) e, al contrario di molti altri musical, non c'è bisogno di una celebrità nel cast per assicurarsi buoni incassi. La Disney ha ovviamente riscosso grandi successi con questo metodo: basti pensare che Il re leone è in scena contemporaneamente a Londra e Broadway da oltre due decenni. Se è vero che questo tipo di musical praticamente non ha bisogno di pubblicità, i rischi sono comunque elevati e se l'esperienza a teatro non riesce a ricreare la magia del film la delusione del pubblico può portare a veri e propri fiaschi al botteghino. Se The Lion King è e resta un successo è grazie non solo alla bellissima colonna sonora di Elton John, ma soprattutto alla visionaria regia di Julie Taymor. Altri musical non sono stati altrettanto ben riusciti e la Disney non ha ottenuto quanto sperato con Frozen o Tarzan a Broadway.

L'adattamento teatrale di film d'animazione non è più esclusivamente in appannaggio della Disney, come ci dimostra questo The Prince of Egypt in scena al Dominion Theatre fino a gennaio. Il musical è tratto dall'omonimo film del 1998, un vero gioiello del cinema d'animazione con una meravigliosa colonna sonora firmata da Stephen Schwartz, che comprende anche la canzone premio Oscar "When You Belive". Quello che ci ritroviamo davanti a teatro, tuttavia, non è un colossal biblico, ma una parabola sui rischi del nepotismo nelle arti. La regia di Scott Schwartz, il figlio dell'autore, commette tutti gli errori da manuale, ossia cercare di ricreare l'esperienza del film senza reinventarla per una diversa forma d'arte. Laddove la Taylor inventò un nuovo linguaggio stilistico e visivo per ricreare la savana del Re Leone, Schwartz Jr ci propina una cafonata con effetti speciali da luna park, orrende coreografie e un libretto gonfio come un cadavere rimasto per giorni nell'acqua. Mentre il film originale era elegante e diretto, il musical allunga a dismisura il brodo fino a farlo durare quasi tre ore. Le canzoni originali di Schwartz père sono bellissime: Deliver Us è un numero d'apertura da brivido e ottime sono anche Through Heaven's Eyes e l'attesissima When You Believe. Il compositore ha scritto un'altra dozzina di canzoni per il musical, ma nessuna ha la bellezza e l'impatto di quelle composte oltre vent'anni fa per il film: sono banali e ripetitive, ma questo Schwartz lo sa e per compensare ci fa ascoltare "When You Believe" una mezza dozzina di volte durante il secondo atto.

Il finale del primo atto

Anche il libretto è stato rimaneggiato con l'intenzione di rendere sia Mosé che Ramses più umani: il primo è pieno di dubbi per la missione assegnatagli da Dio, mentre il secondo alla fine vede la luce e si riappafica con il vecchio amico. Sono scelte interessanti che in mano a un team creativo migliore avrebbero potuto dare ben altri risultati, ma qui servono solo ad allungare una serata che è già di per sé interminabile. Il cast non è male: Luke Brady è un Mosé piacevole ed emotivo, il Ramses di Liam Tamne è affascinante e cantato molto bene, mentre nelle (più piccole) parti femminili troviamo la bella Sefora di Christine Allado (che canta benissimo, ma viene mortificata da una coreografia imbarazzante) e la Miriam di Alexia Khadime, che canta divinamente ma troppo poco. Davvero ottimo il Getro del veterano del West End Clive Rowe, che riesce a cavare il proverbiale sangue dalla rapa grazie al vivace "Through Heaven's Eyes".

Luke Brady e Christine Allado

Come accennavo, The Prince of Egypt chiuderà i battenti a Londra tra un paio di mesi dopo una storia di rappresentazioni travagliate. Poche settimane dopo la prima il teatro fu chiuso a causa del Covid, per poi riaprire solo tre mesi fa. Il musical è stato a lungo uno dei pochissimi spettacoli che si potessero vedere in una Londra semideserta per la pandemia, ma nemmeno la mancanza di alternative è riuscita a far innamorare il pubblico. Biglietti per le prime file a sole 25£ sono facili da acquistare anche un paio d'ore prima dell'inizio dello spettacolo e The Prince of Egypt finge di mantenere in vigore il distanziamento sociale per evitare di ammettere che la platea è mezza vuota. Mi dispiace per il bravo cast, che sicuramente meritava di meglio, ma se passata per Londra e avete una serata libera potere tranquillamente restare in camera e vedere Il principe d'Egitto sul vostro portatile: risparmierete soldi e delusioni.

In breve. Una regia maldestra rovina uno dei film d'animazione più amati in una riduzione teatrale da dimenticare.

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