domenica 28 novembre 2021

Stephen Sondheim

Venerdì è morto Stephen Sondheim. È morto serenamente, all'improvviso, nella sua casa nel Connecticut, un giorno dopo aver celebrato il Ringraziamento con amici. Aveva novantuno anni. Tantissimo è stato scritto e detto su Sondheim e moltissimo altro verrà scritto e detto nei giorni, nelle settimane e negli anni che verranno. Reperire informazioni non è certo difficile, bastano pochi click per leggere della sua reputazione, del suo status nel pantheon del teatro musicale, i suoi premi, i suoi lavori. E si potrebbe dire ancora di più di come Sondheim abbia ereditato la tradizione di Rodgers & Hammerstein e portato avanti il loro lavoro, rendendo così il genere del musical non uno di solo intrattenimento, ma mostrando anzi come esso potesse essere sfruttato per affrontare tematiche profonde in modo non inferiore a quello del teatro di prosa. La bellezza delle sue musiche, la versatilità del suo ingegno e l'intelligenza dei suoi testi lo hanno reso un'icona cultura americana, un modello e un'ispirazione per generazioni di compositori a venire. Chi di voi ha già visto Tick, Tick... Boom! su Netflix sa di cosa parlo. Sondheim non fu solo un grande uomo di teatro, un grande compositore, un grande paroliere, ma anche un grande mentore. La sua generosità e la sua passione per l'insegnamento hanno aiutato la comunità di Broadway in modi che non possiamo nemmeno comprendere del tutto. Le grandi rivoluzioni musicali, da Rent a Hamilton, hanno avuto dietro il suo zampino, visto che Sondheim è stato il mentore sia di Jonathan Larson che Lin-Manuel Miranda.

Altri hanno scritto con maggior competenza dell'impatto di Sondheim sul teatro musicale, io vorrei solo parlare del suo impatto sulla mia vita. È strano da dire, ma non ricordo esattamente quando conobbi e mi innamorai della sua musica. Sicuramente quando cominciai il mio inglese era troppo incerto per apprezzare a pieno l'intelligenza dei tuoi testi, ma sentivo che Sondheim mi parlava, catturava idee e sentimenti che credevo fossero solo miei. Penso di aver cominciato ad ascoltare Sondheim all'inizio delle superiori, intorno al 2009. Avevo visto il film di Tim Burton Sweeney Todd e mentre cercavo di scaricare (illegalmente!) la colonna sonora trovai invece l'incisione discografica del musical con il cast originale di Broadway, capitanato dalla gloriosa Angela Lansbury. Mia madre è una grande appassionata di Jessica Fletcher, quindi sapevo chi fosse la Lansbury, ma non sapevo che cantasse. Incuriosito, cominciai ad ascoltare e non smisi mai di farlo. Dato che il film era sottotitolato, sapevo di cosa parlassero le canzoni e dopo aver ascoltato il Broadway Cast Recording non tornai più alla colonna sonora del film: le interpretazioni di Angela Lansbury, Len Cariou, Victor Garber e del resto del cast sono leggendarie.

Da qui iniziai il mio viaggio di esplorazione nel catalogo di Sondheim: ogni canzone mi apriva una porta nuova, ogni cantante mi rimandava a dozzine di musical che non conoscevo. Ascoltando Sondheim ho scoperto un mondo, quello del musical di Broadway e del West End. Nel giro di un paio d'anni avevo scoperto tutti i musical di Sondheim, ma anche molto del panorama teatrale di Londra e New York: prima solo musical, poi anche tanta drammaturgia americana e britannica dell'ultimo secolo. Il mio inglese migliorò esponenzialmente: odiavo la mia prof, ma mi facevo spedire testi teatrali su Amazon ed imparai l'inglese leggendo i libretti dei musical di Sondheim, ma anche Tennessee Williams, Edward Albee, Peter Shaffer, Terrence McNally, Arthur Miller e tanti altri. Da un ginnasiale a rischio debito in inglese diventai un ottimo studente di inglese e ancora di più quando cominciammo a studiare anche la letteratura. Dopo la maturità classica nel 2014 mi sono trasferito a Londra e ho conseguito la laurea triennale in letteratura inglese e storia del teatro. Nel corso della triennale i miei interessi accademici si sono spostati sulla letteratura elisabettiana e ho poi conseguito la laura magistrale in studi rinascimentali. Ora sto facendo un dottorato sulla poesia inglese dell'ultimo decennio del XVI secolo.

Tutto questo è cominciato con Stephen Sondheim, senza di lui non sarei qui. E non dico "non sarei qui" in senso esistenziale o ontologico, intendo dire che non sarei un dottorando in anglistica che vive a Londra da quando avevo diciannove anni e che ora, nel cuore della notte, scrive questo post su una scrivania a Tottenham. Da quando mi sono trasferito a Londra ho avuto modo di vedere Sondheim due volte, durante due interviste al National Theatre. Entrambe le volte mi ha affasciato con la sua arguzia, la sua intelligenza, la sua passione. Molti dei musical che mi hanno cambiato la vita li ho visti di persona: Gypsy, Sweeney Todd, Follies, A Little Night Music e Company; altri li devo ancora vedere. Ma se penso a Sondheim penso anche alle amicizie che ho stretto a causa sua. Quante ore ho passato durante gli anni del liceo su forum di teatri, a scambiare rari bootlegs online a parlare con altri appassionati di Sondheim su tumblr. Grazie a lui ho stretto amicizie che durano ancora. Scrissi la mia tesina del liceo su di lui. Lo ascoltai durante le rotture più dolorose e i momenti più felici della mia vita. Lo ascolto ancora. Perché nella sua musica e nelle sue parole ci sono abissi di umanità, tutta la solitudine, tutta la gioia, tutta la paura che questa felicità non possa che durare pochi istanti.

Centinaia di persone tu Twitter hanno postato le foto di lettere che si sono scambiati con Sondheim. Perché Sondheim rispondeva a tutti, con parole gentili ed incoraggiamenti, risolveva dubbi, chiariva dei passaggi musicali, ringraziava per i complimenti e si professava felice che la sua musica venisse ascoltata da giovani e giovanissimi. Quando avevo sedici anni gli scrissi anche io. Non ricordo esattamente cosa gli scrissi, ma credo di aver espresso tutta la mia ammirazione e la mia gioia nel fatto che aveva scelto proprio un romanzo italiano, Fosca di Tarchetti, come base per uno dei suoi musical, lo splendido Passion. E una sera, mentre stavo per uscire con compagni di liceo per vedere l'Odissea di Robert Wilson al Piccolo, trovai nella cassetta delle lettere un grosso pacco. Quando lo aprì vi trovai dentro una sua foto autografata, una lettera e il CD della prima edizione londinese di Passion. Non ho parole per dire ciò che quella lettera e quel CD abbiano significato per me. In casa non ho più nessun lettore CD, ormai neanche i portatili li leggono più, ma di quell'album non mi sbarazzerò mai.

Le opere di Sondheim continuano ad essere portate in scena e ad essere reinventate come solo i grandi classici si prestano ad esserlo. A me Stephen Sondheim mancherà tantissimo, come un amico, come un nonno. Poche persone hanno cambiato il corso della mia vita quanto ha fatto lui. La musica è il suo grande lascito ed è con la musica che lo voglio ricordare. Ieri moltissimi artisti di Broadway si sono radunati a Times Square per ricordarlo con il numero di chiusura di Sunday in the Park with George, il suo musical più personale, quello interessato alla difficile vita dell'artista. Quando muore un ebreo non si dice "riposa in pace", ma "il suo ricordo sia una benedizione": ci sono pochissime cose sicure nella vita, come gli ultimi due anni ci hanno ampiamente dimostrato, ma che il ricordo di Stephen Sondheim sia e sarà una benedizione è una delle poche certezze che ho.


"Sunday for Sondheim" a Times Square, 28/11/2021

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