giovedì 31 gennaio 2019

When We Have Sufficiently Tortured Each Other al National Theatre


Quando il due volte Premio Oscar Cate Blanchett si era ritirata dall'adattamento teatrale di Eva contro Eva la delusione è stata palpabile tra i theatre-goers londinesi, anche se Gillian Anderson sarà sicuramente una più che degna sostituta. Al posto di mettersi nei panni di Bette Davis, l'attrice australiana ha deciso di recitare nell'ultima fatica teatrale di Martin Crimp, noto esponente del teatro postmoderno. Come suggerisce il titolo, When We Have Sufficiently Tortured Each Other: Twelve Variations on Samuel Richardson's "Pamela", la pièce offre variazioni sul romanzo di Richardson Pamela, o la virtù premiata: come di consueto per Crimp, il suo dramma non ha una trama lineare, né personaggi chiaramente identificabili. Nelle sue due ore senza intervallo i due protagonisti si scambiano continuamente i ruoli nel parlare di sesso, della tensione tra serva e padrone, del sadomasochismo e della violenza implicita nella sessualità.

Se un tempo Crimp aveva raggiunti alti livelli di drammaturgia e innovazione, come nel suo indimenticabile Attempts on Her Life, nell'ultimo decennio il suo lavoro ha mostrato segni di stanchezza, al punto da riepigare su facili argomenti di scandalo come la pedofilia per attirare attenzione sui suoi drammi. Così anche in When We Have Sufficiently Tortured Each Other, una pièce che riesce ad essere evocativa ed incredibilmente pedestre allo stesso tempo. Nonostante il teatro abbia in giro voci di svenimenti durante le prime repliche per la violenza sulla scena, le recensioni ottenute dall'opera di Crimp sono state talmente deludenti da trasformare l'evento sold out della stagione in un mezzo flop: inizialmente il teatro aveva deciso di vendere i biglietti solo tramite un ballottaggio a causa della grande richiesta di pubblico, ma ora raramente registra il tutto esaurito e dozzine di biglietti ad ogni replica sono stati restituiti da spettatori accorti. E in effetti dopo aver visto la pièce non mi sento affatto di biasimarli e mi chiedo anzi se i presunti svenimenti non fossero altro che poveri spettatori addormentatisi per la noia.

Jessica Gunning, Cate Blanchett e Stephen Dillane


Per carità, a tratti il testo è anche abbastanza divertente, ma lo scopo del dramma è esplicato con talmente poca sottigliezza che il messaggio viene recepito chiaramente dopo la prima delle dodici variazioni sul tema, costringendo lo spettatore a una lunga, lunga serata ripetitiva. Se le opere di Crimp hanno lo stampo dell'enfant prodige sfiorito in fretta, la regista Katie Mitchell si è affermata come una delle artiste più divisive sulla scena teatrale inglese e le sue regie per la Royal Opera House ed il National Theatre hanno sempre ottenuto sia plausi che critiche asprissime. Qua è difficile dire se il problema sia anche di regia o se è proprio il testo ad essere irrecuperabile, ma sicuramente la Mitchell non è riuscita a dargli linfa ed il risultato finale è estremamente pedissequo e poco creativo. 

A salvare il pubblico dal suicidio ci pensa il cast, capitanato da Cate Blanchett e Stephen Dillane (Stannis di Trono di Spade). Il loro compito è veramente titanico e anche se non riescono mai a salvare la pièce dallo sfacelo in cui versa, possono almeno illuminare o rendere interessante qualche scena con le loro performance. L'assenza di personaggi veri e propri sicuramente non è d'aiuto per un attore, ma la Blanchett riesce ad essere indimenticabile con ogni movimento, ogni espressione e ogni frase pronunciata con quella sua voce così profonda e calda. Uno dei suoi momenti migliori è quando racconta a Jessica Gunning - bravissima, per niente inferiore ai due giganti con cui divide il palco - un sogno della notte precedente mentre la domestica le fa indossare l'abito da sposa: nei passaggi dai toni sognanti del ricordo a quelli più bruschi in cui intima alla serva di fare più attenzione Cate Blanchett mostra un pizzico del suo genio al pubblico, ma mostra anche quanto sia sprecata in When We Have Sufficiently Tortured Each Other. Altrettanto bravo Dillane, suo compagno in ogni scena, che riesce a infondere un po' di umanità a un personaggio poco sviluppato e ancora meno apprezzabile. Ma se la chimica tra i due attori riesce a rendere vagamente sopportabili le due ore - l'intervallo è stato probabilmente tagliato per evitare la fuga del pubblico - di certo non riesce a salvare lo spettatore da una serata lunghissima, monotona, pretenziosa e decisamente poco riuscita.

In breve. Neanche il piacere di vedere due grandi attori all'opera nasconde i difetti di un dramma davvero da dimenticare.

★½

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