venerdì 17 febbraio 2017

Hedda Gabler al National Theatre


Hedda Gabler è uno dei capolavori del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen e una delle eroine più indimenticabili del teatro moderno. Da sempre il ruolo di Hedda attira attrici eccezionali, da Eleonora Duse a Cate Blanchett, da Maggie Smith a Ingrid Bergman, e ora è Ruth Wilson a cimentarsi nella parte sotto la regia di Ivo van Hove (Lazarus).

Hedda ha sposato Jørgen Tesman per ragioni puramente economiche e la sua nuova vita comincia già ad andarle stretta. Un giorno riemerge una figura dal suo passato, il suo vecchio amico Ejlert Løvborg, che minaccia di distruggere la stabilità della coppia e la posizione del marito con un nuovo manoscritto che gli farà ottenere la cattedra universitaria ambita da Tesman. In una notte di bagordi, Løvborg perde il manoscritto ed Hedda lo ritrova: davanti a lei si pone la scelta sul da farsi, se restituirlo al brillante Ejlert o distruggerlo e garantire una continuità alla sua vita mediocre.

Guardando il palco, lo spettatore non ha nessuna difficoltà a capire perché Hedda si senta in trappola: è una stanza grande e fredda, con mura di cemento e senza neanche una porta. Per entrare e per uscire, gli attori devo scendere dal palco, non c'è via d'uscita dalla casa se non al di fuori della finzione scenica. E' bianca e grande e piena di fiori, un po' come un cimitero. E, prima che lo spettacolo inizi, Hedda è già lì, a suonare nervosamente il piano: prima che qualunque parola venga pronunciata, lo spettatore sa che Hedda ha raggiunto il limite, è tormentata, è infelice. Quello di Hedda è un personaggio enigmatico e complicato, è difficile provare simpatia per lei, ma non bisogna neanche disprezzarla troppo. E' una donna che non ha talento per la vita, che fa le cose per inerzia e poi se ne pente: è l'orgogliosa figlia di un generale, una donna non più giovanissima che cerca la bellezza e l'eroismo delle storie della sua infanzia. E' un'esteta in un mondo di persone pedanti, viene reificata e trattata come un trofeo dagli uomini, invidiata dalle donne.

Ruth Wilson è una grande Hedda: libera dai corsetti e da costumi d'epoca, la sua Hedda si muove per la stanza come un cavallo bizzoso, presa da un'inquietudine che non riesce a placare. Ma la forza della sua Hedda è quella di essere molto consapevole, capisce a fondo la propria situazione ed è anche capace di riderci su. La Hedda della Wilson è ironica ed emotiva, ma soprattutto una donna incredibilmente intelligente: il dramma è una partita di scacchi e, anche quando le cose non vanno come vuole, riesce a prevedere le mosse dell'avversario e agire di conseguenza. Il suo incontro con Ejlert (un byroniano Chukwudi Iwuji) è teso e intenso, ma mostra anche i segni dei traumi del passato. Più che al futuro, la sua Hedda è interessata a ricreare un passato scomparso e in cui, presumibilmente, era stata felice: quando Ejlert cade troppo in basso per poter essere ancora l'eroe della sua adolescenza, Hedda lo istiga al suicidio, per purificare i suoi peccati con un'ultima, romantica, vampata di gloria. La performance della Wilson non è mai così intensa come quando immagina il suicidio di Ejlert: lacrime di ammirazione le riempiono gli occhi, tanto è rapita dalla bellezza della scena. Ed è da brivido vederla indurirsi subito dopo, quando scopre che Ejlert è morto in modo maldestro, con una prostituta.

Chukwudi Iwuji e Ruth Wilson

Rigettata dalla vita e con un futuro terrificante davanti a sé, Hedda prende il controllo e fa quello che Ejlert non ha avuto il coraggio di fare: se non può trovare un eroe, sarà lei stessa un'eroina e con un solo colpo diventa la persona che avrebbe voluto da sempre nella sua vita. Una delle idee meglio riuscite di van Hove è quella di isolare Hedda dagli altri personaggi negli ultimi minuti, rendendoli freddi, distanti e inavvicinabili per lei: una scelta che segnala ad Hedda il game over, che è il momento di trovare un'uscita da quella stanza senza pareti. Molto bravo anche il Tesman di Kyle Soller, che riesce prodigiosamente a dare linfa al suo personaggio: il suo Tesman non è il solito professore sbiadito in flanella, ma un giovane sveglio e tanto in gabbia quando Hedda. E, anche se i suoi sforzi di compiacerla sono sempre vani, è toccante vedere come gli si illuminano gli occhi quando lei gli presta un po' di attenzioni. Molto eloquente il momento in cui i due sono seduti sul divano, vicini ma con una distanza incolmabile tra loro, seduti fianco a fianco a fissare il muro, senza niente da dirsi.

Ruth Wilson e Kyle Soller


Rafel Spall è un bravo giudice Brack, l'uomo che si finge amico di Tesman per sedurgli la moglie, mentre Kate Duchêne è un po' legnosa nel ruolo di zia Juliana. Sinéad Matthews (Evening at the Talk House) è ottima nel ruolo di Mrs. Elvsted, un'amica di infanzia di Hedda che ha appena lasciato il marito per Ejlert, con cui ha scritto il tanto discusso manoscritto. Completa il cast Éva Magyar nel ruolo della cameriera: la sua è una figura inquietante che non lascia mai il palco, una testimone silenziosa, una complice, un giudice che preferisce non agire.

In breve. Ottimo revival di un grande classico, magistralmente diretto da Ivo van Hove e con una grande interpretazione di Ruth Wilson nei panni della protagonista.

★★★★

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