venerdì 27 novembre 2015

wonder.land al National Theatre

Quante versioni, quanti adattamenti diversi della stessa favola dobbiamo avere prima di inventare qualcosa di nuovo? Tra poche settimane usciranno due nuovi film ispirati a Peter Pan e al Libro della Giungla (okay, non proprio delle favole), ma questo trend di riciclare vecchie storie in modi sempre più imbarazzanti è vivo anche a teatro. L'espressione "rilettura in chiave moderna" mi rende sempre sospettoso, quando poi diventa "rilettura in chiave moderna per criticare l'uso della tecnologia nei giovani" mi pento già di aver comprato il biglietto. wonder.land, in scena al National Theatre, fa proprio questo: prende l'amatissima Alice nel Paese delle Meraviglie e lo trasforma in un aborto tecnologico in cui trama, regia, musica e libretto diventano soltanto uno spunto per gli (ottimi) effetti visivi e scenografie di Rae Smith e dei 59 Productions. Ma andiamo con ordire.

Aly è una ragazzina sola e scontrosa che, dopo il divorzio dei suoi genitori, deve trasferirsi in una nuova scuola. Qui non riesca a fare amicizia con nessuno se non con l'altro emarginato, Luke, e comincia a rifugiarsi nel mondo della tecnologia per sfuggire alla noia e alla solitudine. Capita per caso sul sito wonder.land, un gioco virtuale in cui altri disadattati si rifugiano per sfuggire alla reali o presunte difficoltà delle loro vite. In questo modo, Aly riesce a farsi nuovi amici e l'idillio prosegue finché la perfida preside Manxome non sequestra l'iPhone della giovane protagonista e le ruba l'account di wonder.land per assecondare le sue manie di potere. Scontro generazionale e inevitabile lieto fine per concludere.

Il libretto di Moira Buffini, come potete vedere, è un'accozzaglia di luoghi comuni talmente pacchiana da far rabbrividire e i versi delle canzoni (insignificanti, firmate da Damon Albarn) non sono molto meglio. Una solida regia avrebbe potuto guidare questa nave allo sbando verso acque un po' più tranquille, ma Rufus Norris punta dritto contro gli scogli. Davvero, era talmente cattivo da essere quasi divertente: la trama non si è staccata per un momento dalla lisca di pesce che doveva essere il copione e all'uscita dal teatro non riuscivo a ricordarmi neanche un solo motivetto da fischiettare.



In questa mostruosità ci sono alcuni elementi che si salvano. Anna Francolini è davvero brava nel ruolo di Ms. Manxome e non le sono da meno Carly Bawden (Alice, l'avatar che Aly usa in wonder.land) e Golda Rosheuvel (un'eccellente mamma di Aly). Certo, l'aspetto visivo è davvero spettacolare: bellissimi i costumi, le scenografie e le proiezioni. Ma quando di un musical di quasi tre ore ci si ricordano solo i costumi vuol dire che c'è qualcosa che no va.

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