martedì 29 marzo 2016

The Father al Duke of York's Theatre


Quest'anno Londra parla francese. O, almeno, lo farebbe se non ci fosse il grande traduttore Christopher Hampton ad impedirlo. Comunque, sta di fatto che il giovane romanziere e drammaturgo francese Florian Zeller è il fenomeno teatrale dell'anno e ora Londra ospita non una, ma tre produzioni dei suoi drammi: The Father (Duke of York's Theatre), The Mother (Tricylce Theatre) e The Truth (Menier Chocolate Factory). 

The Father racconta di Andre, un ex ballerino di tip tap (o ingegnere?) in pensione che vive nella sua bella casa parigina. Giorno per giorno, però, Andre vede il mondo intorno a sé farsi confuso e sfilacciato: l'Alzheimer si sta portando via la sua vita pezzo per pezzo. La grande astuzia dell'opera è quella di mettere lo spettatore sullo stesso piano di Andre: il pubblico, così come il protagonista, non sa cosa sta succedendo. Nella prima scene, Andre parla con la figlia dei progetti della donna, quella di trasferirsi a Londra con il fidanzato. Nella scena successiva la figlia, interpretata da un'altra attrice, è felicemente sposata con un uomo da oltre dieci anni. In quella dopo è divorziata e non c'è nessun uomo nella sua vita. Quello che dapprima sembra un rompicapo hitchcockiano si svela essere l'incubo quotidiano di un uomo il cui cervello lo sta tradendo, un uomo che non riesce a connettersi con quelli che gli stanno intorno o con il suo stesso passato. E, di scena in scena, mentre la stanza si svuota e i volti degli stessi personaggi cambiano, la confusione nella vita di Andre si spinge oltre il punto di non ritorno.



Nessun film né romanzo è mai riuscito a mostrarmi quanto The Father la vita di una persona affetta da Alzheimer. Mentre negli altri media ci si concentra sul malato (come nel film Still Alice, che ruotava tutto intorno alla splendida interpretazione di Julianne Moore), The Father ci mostra il mondo intorno al malato, facendo vivere al pubblico le stesse sensazioni del protagonista: il costante stupore, l'angoscia della sorprese di essere circondato da persone che professano di amarti, ma che tu non riconosci. Questo è il grande lavoro di Zeller, far vivere al pubblico un'esperienza unica ed estremamente realistica, un'esperienza che tante installazioni interattive a pretenziose non riescono a raggiungere. E' davvero un piccolo miracolo teatrale e un trionfo di regia, magnifica, curata da James Macdonald.

Davvero notevoli anche gli effetti sonori, la colonna sonora che si fa via via meno regolare e stonata una scena dopo l'altra, fino a diventare completamente sconnessa come il protagonista, il bravo Kenneth Cranham. Il finale inevitabile è straziante e potente, così come tutto in questo dramma. Ho lasciato il teatro con la certezza che avrei visto presto qualcos'altro firmato da Zeller e, francamente, non vedo l'ora.

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