martedì 29 marzo 2016

In The Heights al King's Cross Theatre


Mentre il suo ultimo musical Hamilton spopola a Broadway, Lin-Manuel Miranda fa faville anche a Londra con In The Heights. Debuttato nell'Off Broadway per poi diventare un successo finalista da Pulitzer anche a Broadway, In The Heights non avrebbe potuto trovare trovare miglior location del King's Cross Theatre: in questo vecchio binario abbandonato, il musical risplende in tutta la sua energica bellezza.

Washington Heights, lo storico quartiere degli immigrati latino-americani, si sta gentrificando al punto tale che alcuni dei suoi abitanti sono costretti ad abbandonare il quartiere. In questa culla di anime caraibiche, Nina torna a casa dopo una fallimentare esperienza universitaria, il padre Rosario pensa di vendere l'attività per comprare alla figlia il futuro che merita, il suo impiegato Benny vorrebbe uscire con Nina, ma Rosario glielo impedisce perché vuole qualcosa di più per la ragazza. Abuela Claudia, arrivata negli USA dopo la rivoluzione cubana, vince una cifra stratosferica alla lotteria, la parrucchiera Daniela è costretta a chiudere la propria attività per aprirla dove gli affitti sono più ragionevoli, il gran caldo provoca un enorme black out. E, su tutti, vigila Usnavi, figlio di immigrati dominicani e proprietario della bodega in cui tutti i personaggi spendono almeno un momento della propria giornata. Sarà proprio Usnavi, giovane ambizioso, a dover affrontare la scelta più difficile.

In the Heights è un ottimo musical che mescola rap e hip-hop con ritmi dal sapore caraibico, condendo il tutto con graffianti versi in inglese e spagnolo. La musica e i versi di Lin-Manuel Miranda si sposano perfettamente con il bel libretto di Quiara Alegría Hudes e il risultato finale è un godibilissimo musical che affronta come pochi altri il sempre attuale tema dell'immigrazione. La produzione, diretta da Luke Sheppard, è messa in scena tra due ali parallele di spettatori e questa soluzione trasforma il palco in un corridoio di energia, delimitato dalla bodega di Usnavi e dall'attività di Rosario. Il corridoio viene sfruttato al meglio dal coreografo Drew McOnie, che utilizza lo spazio per incanalare l'energia del cast in modo esplosivo.

La bodega di Usnavi (Sam Mackay)

Il cast, purtroppo, non è sempre all'altezza dell'aspetto tecnico-creativo nel musical. Nel ruolo del protagonista/narratore Usnavi, Sam Mackay è simpatico e divertente, ma il suo rap non è sempre all'altezza delle aspettative e forse è semplicemente troppo vecchio per il ruolo. Lo stesso vale per Joe Aaron Reid, un Billy dalla voce da brivido ma che ha passato la ventina da un bel pezzo. Antoine Murray-Straughan Cleve September sono ottimi ballerini e David Badella è forse l'uomo migliore in scena. La sua performance nel ruolo di Kevin Rosario è emozionante e Badella riesce a creare un personaggio sempre in bilico tra l'orgoglio e la frustrazione, un padre di famiglia combattuto e un immigrato che rischia di cadere nel pregiudizio nei confronti di altri immigrati.


Il cast femminile è nettamente superiore e si avvale delle ottime interpretazioni di Eve Polycarpou nel ruolo dell'Abuela Claudia e di Josie Benson in quello di Camila Rosario. Lily Frazer ruba la scena nel ruolo di Nina: la recitazione è ottima, la voce è da urlo. Sei anni fa l'ho vista in Les Misérables, era la sostituta di Eponine, e sono davvero felice di vederla riconfermare tutto il suo talento nel ruolo da protagonista che merita.

In The Heights mostra uno spaccato di vita degli immigrati di prima e seconda generazione negli Stati Uniti, ma la riflessione che porta in scena è universale: qualcuno dovrebbe metterlo in scena in Italia e farlo vedere a chi dico io, perché non esiste prova migliore di come questo fenomeno possa arricchire due culture, invece di separarle come spesso succede. 

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