Giselle alla Royal Opera House
Più che una vera e propria recensione questa è una lettera d'amore per Marianela Núñez, la straordinaria prima ballerina del Royal Ballet. La scorsa settimana l'ha vista impegnata in due repliche di Giselle – le numero 601 e 602 nella storia della compagnia –, in cui ha danzato prima nel ruolo dell'eponima protagonista e poi in quello di Myrtha, la regina delle Villi. Quello della forosetta Giselle è diventato ormai il suo cavallo di battaglia e proprio in questo ruolo tre anni fa aveva celebrato i suoi vent'anni con la compagnia. Ma, come direbbe Enobarbo, 'age cannot wither her' e anno dopo anno la Núñez si riconferma sempre di più come l'erede naturale della prima ballerina assoluta Alessandra Ferri. La sua Giselle non ha la focosità popolana della Osipova, ma brilla di luce propria dal momento in cui entra in scena. Nessuno potrebbe negare che la sua Giselle è probabilmente la figlia illegittima di un aristocratico, tanto regalmente si muove sul palco, tanto raffinata e la sua postura, ogni gesto e ogni movenza. Come hanno notato i critici, ormai la ballerina è a quel punto della sua carriera in cui ogni passo, per quanto intricato e frutto di anni di studi e lavoro, sembri ormai naturale ed eseguito senza sforzi: la danza è la lingua madre della Núñez, che la parla con una maestria difficile da imitare o eguagliare da chi le sta intorno.
Il suo storico partner Vadim Muntagirov è Albrecht e ciò non sorprende, dato che pochi altri riuscirebbero a tenerle testa per tecnica e stile. Muntagirov riesce a combinare virtuosismo e modestia, danzando con grande stile ma senza pavoneggiarsi. La sua è una performance particolarmente convincente nel primo atto, quando delinea un Albrecht ironico e affettuoso, leggero e che non prende nulla troppo sul serio. La grande alchimia con la Núñez regala uno splendido primo atto, coronato dalla scena della pazzia di Giselle: qui la prima ballerina argentina combina grande tecnica e una recitazione di grande intensità per delineare il ritratto di una mente fratturata. Risorgerà dopo l'intervallo come il più etereo degli spiriti, che con grazie e coraggio darà la forza all'uomo che le ha spezzato il cuore di superare la prova delle Villi. L'amore della sua Giselle trascende la morte e il suo candore dona grazia e perdono non sono ad Albrecht, ma a tutto il pubblico.
Un paio di sere dopo la ballerina ritorna in grande stile a Covent Garden non più come amante, ma come aguzzina di Albrecht. Nel ruolo di Myrtha, la regina delle Villi, la Núñez colpisce ancora una volta per la naturalezza e la precisione del suo stile, ma ancora una volta è la sua recitazione a darle quel qualcosina in più che non si può insegnare né imparare. La sua Myrtha nasconde dietro a una rigidità glaciale una natura più profonda, il ricordo di quando è stata umana. Quando Giselle – una splendida Yasmine Naghdi, elegante ed espressiva – le si para davanti per proteggere Albrecht – l'eccellente Matthew Ball (Swan Lake), in ottima forma – la Núñez indietreggia coprendosi il volto. Questo gesto, imitato da tutte le Villi, fa naturalmente parte della coreografia di Peter Wright, ma la ballerina argentina gli infonde un significato profondo: non indietreggia come Dracula davanti a un crocifisso, ma ricorda la regina delle nevi di Andersen, il cui algido cuore si scioglie davanti alla vista dell'amore. Quando Giselle danza per salvare Albrecht, la sua Myrtha si volta a guardarle con la coda dell'occhio e, quando lo fa, la sua postura di ammorbidisce momentaneamente. Le Villi, del resto, sono spiriti di donne morte prima del matrimonio, uccise dal tradimento degli uomini che avevano giurato loro eterno amore: la Myrtha della Núñez ha degli sprazzi di umanità che emergono, forse dopo secoli, tra le gelide membra da regina. Guardando Albrecht e Giselle, lei sembra rammentare il suo amore passato e perduto. Quando le campane risuonano per segnalare l'alba e, di conseguenza, la fine del suo potere su Albrecht, il volto della Núñez è attraversato da un'espressione di sollievo, come se uccidere il conte non fosse tanto il suo desiderio, quanto più il suo dovere. Imprigionata in un ruolo innaturale e sovrannaturale, Myrtha lancia un ultimo sguardo ai due amanti prima di sparire tra i primi raggi dell'alba: il miracolo di Giselle non è stato salvare Albrecht, ma ricordare alla regina delle Villi che, un tempo, anche lei aveva un cuore.
Accanto a questi cinque grandi interpreti, il cast che si affolla intorno a loro completa delicatamente la storia. Nella replica dell'8 novembre si è distinto particolarmente il gruppo del pas de six, capitanato dall'eccellente William Bracewell, fresco di uno straordinario debutto come Romeo nel balletto di Kenneth MacMillan. Molto bravo anche Luca Acri, che ha rimpiazzato Lukas B. Brændsrød nel ruolo di Hilarion: laddove il secondo è prestante e virile, il primo colpisce per il suo aspetto più fanciullesco e la grande rapidità dei movimenti, regalando un ritratto del personaggio più gentile e che ne rende la morte ancora più tragica. Nella replica del 10 novembre è invece Joseph Sissens a rubare la scena durante il pas de six, ma la vera novità è quella portata da Ball. Dei quattro Albrecht visti in queste due settimane, Ball è decisamente il più arrogante e superficiale, tanto che la sua caratterizzazione del personaggio spinge tutti i suoi colleghi ad alterare la propria. In particolare capiamo bene perché la Berthe di Kristen McNally è così restia ad accettare il legame tra la figlia e il giovane, che del resto dà ampia prova della sua superficialità. Quando viene scoperto dagli amici e dalla fidanzata, l'Albrecht di Ball è lesto nel liquidare la situazione come una sciocchezza, e mentre per Reece, Bonelli e Muntagirov è evidente che il conte stia inventando una scusa per giustificarsi, l'Albrecht si Ball sta dicendo la verità e tutta la scena nel villaggio non è stato che un interludio ludico per lui. Anche la morte di Giselle non sembra segnarlo così nel profondo: è turbato e scioccato dal suicidio della giovane, ma è la colpa ad angustiarlo, non la fine di un grande amore. Soltanto nel secondo atto il suo Albrecht maturerà e diventerà uomo, reso tale dall'amore immortale (e non del tutto meritato) che Giselle nutre per lui. La sua è una performance memorabile e quella con la splendida Naghdi è una partnership chiaramente destinata a durare e dare grandi risultati.
In breve. Ogni cast porta qualcosa di nuovo a Giselle, ma anche in mezzo a tutte le eccellenze del Royal Ballet Marianela Núñez si conferma essere il gioiello della corona.
★★★★★
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