People, Places and Things al Wyndham's Theatre
Dopo il grande successo al National Theatre, l'ultima opera di Duncan Macmillan approda nel West End per una stagione strettamente limitata al Wyndham's Theatre. Il dramma racconta di Emma, un'attrice alcolizzata e drogata che decide di dare una svolta alla propria vita e di entrare in un centro di disintossicazione. La strada è lunga e faticosa, il processo è doloroso ed Emma è troppo cinica per applicarvici con la sincerità e la dedizione che serve. Dopo un primo fallimentare tentativo, Emma torna al centro, partecipa costruttivamente agli incontri, aiuta gli altri ad inscenare quello che vorranno fare una volta riabilitati e, infine, riceve il permesso di lasciare il programma, perfettamente guarita. Tornata in società, Emma scopre che lo spirito di serenità e ottimismo che sentiva nel centro è difficile da mantenere nel mondo reale...
C'è poco da dire, People, Places and Things è un dramma straordinario, un'opera coinvolgetene, emozionante, a tratti esilarante e a tratti commovente. La difficoltà di Emma è portata in scena in modo molto umano e anche il finale, un po' cinico, non guasta niente, ma allontana il rischio di un finale scontato e disneyano. Una delle cose più efficaci sono i parallelismi che il dramma crea tra il processo teatrale e la terapia di gruppo: seduti in cerchio, gli attori e i tossici condividono le proprie esperienze e fanno progetti su come interpretare i loro personaggi o le migliori versioni di loro stessi una volta riabilitati.
Non solo il testo è potente, ma la regia (di Jeremy Herrin) e tutto l'aspetto creativo e tecnico è curato con una perfezione tale da lasciare sbalorditi. Ad esempio, la scena della prima notte al centro con Emma che subisce i sintomi dell'astinenza è stata davvero agghiacciante, con copie identiche a lei che sgusciavano fuori dalle pareti, da sotto le lenzuola, dal soffitto: una vera e propria allucinazione, un incubo vissuto allo stesso modo da Emma e dal pubblico.
Tutto il resto del cast è altrettanto valido, in particolare Nathaniel Martello-White nel ruolo del tossico riabilitato che torna nel centro per aiutare gli altri. Ruba la scena nel duplice ruolo della terapista e della madre di Emma Barbara Marten: la sua presenza materna e rassicurante è un'ancora tanto per Emma quanto per il pubblico.
People, Places and Things è un capolavoro, un'opera sensazionale che racconta con umanità e ironia il viaggio di una persona che vuole salvare se stessa, un viaggio doloroso che non si può compiere senza sacrificio.
Non solo il testo è potente, ma la regia (di Jeremy Herrin) e tutto l'aspetto creativo e tecnico è curato con una perfezione tale da lasciare sbalorditi. Ad esempio, la scena della prima notte al centro con Emma che subisce i sintomi dell'astinenza è stata davvero agghiacciante, con copie identiche a lei che sgusciavano fuori dalle pareti, da sotto le lenzuola, dal soffitto: una vera e propria allucinazione, un incubo vissuto allo stesso modo da Emma e dal pubblico.
Denise Gough è una fenomenale Emma, non credo di aver mai visto un'interpretazione tanto dettagliata, potente, sottile e articolata. Il modo in cui passa dall'orgoglio all'umiliazione, dal desiderio di riuscire alla certezza del fallimento, dall'ebrezza alla depressione, tutto cementifica una performance estenuante: Denise resta in scena per oltre due ore e mezza, sempre in movimento, mettendo la propria anima a nudo ogni istante di più. Come riesca a farlo otto volte a settimana è un mistero, la sua Emma è un vero tour de force.
People, Places and Things è un capolavoro, un'opera sensazionale che racconta con umanità e ironia il viaggio di una persona che vuole salvare se stessa, un viaggio doloroso che non si può compiere senza sacrificio.
★★★★½