Tosca alla Royal Opera House
Tosca non è mai troppo lontana dal Covent Garden e dopo un paio di settimane in cartellone lo scorso dicembre il capolavoro pucciniano torna alla Royal Opera House per un'ultima manciata di repliche. L'allestimento – ormai storico, diretto da Jonathan Kent – segna anche il ritorno sulle scene londinesi di Angela Gheorghiu dopo quasi sei anni di assenza e la diva rumena torna in grande stile per celebrare i suoi trent'anni dall'esordio al Covent Garden.
I suoi devoti fan erano ormai in astinenza dopo che la Gheorghiu aveva cancellato delle rappresentazioni nel 2018 e la accolgono festosamente appena mette piede in scena. Risulta però evidente che la voce non è più quella di un tempo: il registro acuto viene raggiunto solo con grande fatica, il vibrato è eccessivo, l'intonazione a tratti incerta. Considerando che negli ultimi anni il suo repertorio si è ridotto a non più di una mezza dozzina di ruoli, uno si aspetterebbe di più dalla sua Floria Tosca. Certo, sarebbe sciocco pensare che la voce possa essere la stessa del film del 2001, ma anche paragonandola al sua ultima Tosca londinese del 2016 il peggioramento c'è e si sente. Nel primo atto fatica a carburare, anche se una recitazione spumeggiante durante le scene di gelosia riesce comunque a divertire: il monito all'amante Cavaradossi "falle gli occhi neri" (riferito alla Madonna che sta dipingendo) è praticamente una minaccia e la sua Floria è quasi più temibile di Scarpia nella sua gelosia. Ache il secondo atto è sofferto e il suo Vissi d'arte fatica a librarsi fino al loggione: le "money notes" ci sono anche, ma con quanta fantica le raggiunge! Il terzo atto invece, pur non essendo mai stato il suo forte, risulta quello riuscito meglio: se non a livello canoro, la Gheorghiu eccelle nel mescolare l'istrionismo del primo atto e il dramma emotivo del secondo riuscendo a create una Tosca convincente e toccante per cui anche delle sporcature vocali riescono a diventare parti integranti della psicologia del personaggio.
Angela Gheorghiu e Stefan Pop nel primo atto
La vera star della serata non è la Gheorghiu, bensì il suo connazionale Stefan Pop nei panni di Mario Cavaradossi. Se il suo "Recondita armonia" risulta un filo velato, il tenore rumeno si riprende in fretta e il suo ottimo Cavaradossi canta con ardore e voce squillante i suoi celebri "Vittoria" del secondo atto. Nel terzo invece regala il numero più applaudito della serata con un "E lucevan le stelle" con cui ha datto sfoggio a un ottimo timbro e tecnica, nonché notevoli capacità recitative e grande introspezione. Il terzo atto – e, in particulare, il suo inizio – sono forse i momenti migliori dell'intera rappresentazione: la regia di Kent si libera dalle scenografie barocche e opulenti per portarci in cima a Castel Sant'Angelo, in cui un soldato si lava mentre sorge il sole. Con questa scena di purificazione accompagnata dal canto di un bambino, Puccini e Kent voltano pagina e insieme ci riportano a una dimensione più umana e in scala minore rispetto al pathos del secondo atto. L'aria di Cavaradossi, così attenta alle piccole cose ma anche musicalmente possente, segna il passaggio dalla prima alla seconda parte dell'atto e sia Kent che Pop catturano meravigliosamente il momento, rendendolo il culmine emotivo della serata.
Quando dico che il terzo atto è stato il migliore non voglio certo fare torto al bravo Scarpia di Michael Volle, che usa il suo potente timbro baritonale per costruire un personaggio particolarmente memorabile e ben realizzato. Il suo barone non è l'orco o il cattivo da film d'animazione messo in scena da certi cantanti, bensì un uomo potente e non privo di fascino che usa le ottime dosi recitative e canore per portare in scena un personaggio che sembra uscito dalle pagine dei giornali degli ultimi anni. Ottime anche le voci di Aled Hall, Chuma Sijeqa e Alexander Köpeczi che completano il cast nei ruoli di Spoletta, Angelotti e del sagrestano. Marco Armiliato conduce l'orchestra con più foga che raffinatezza, ma il risultato finale è comunque avvincente.
In breve. Angela Gheorghiu delude un po', ma la Tosca di Jonathan Kent rimane un emozionante spettacolo per gli occhi e per le orecchie.
★★★½