Rabbit Hole all'Hampstead Theatre
Quasi dieci anni dopo aver vinto il Premio Pulitzer per la drammaturgia, il capolavoro di David Lindsay-Abaire ha debuttato a Londra. L'Hampstead Theatre è rinomato per le sue produzioni di qualità, che hanno goduto un grande successo anche quando riproposte nel più commerciale West End: tra loro anche Judas Kiss con Rupert Everett, Mr Foote's Other Leg con Simon Russell Beale e un'altra commedia di Lindsay-Abaire, Good People, in scena nel West End nel 2014 con la sempre impeccabile Imelda Staunton. Ora è il turno di Rabbit Hole di commuovere le platee londinesi, come aveva già fatto a Broadway nel 2007 e con il suo omonimo adattamento cinematografico con Nicole Kidman e Aaron Eckhart.
A otto mesi dalla tragica morte del figlio, l'equilibrio di Howie e Becca fatica ancora a sistemarsi: il primo si crogiola nei ricordi, la moglie vorrebbe cancellarli definitivamente. Ma il mondo intorno a loro a va avanti: la sorella di Becca, Izzy, sta per avere un bambino e Jason, il ragazzo che non è riuscito a sterzare in tempo per evitare il piccolo Danny, chiede ai genitori in un lutto un'occasione per poter parlare con loro. Solo attraverso le infinite sfide di ogni giorno, Becca riuscirà ad accettare di prendere atto del proprio dolore e, forse, ricominciare a vivere una vita il più normale possibile.
Il dolore della perdita è qualcosa di difficilissimo da gestire non solo nella vita quotidiana, ma anche quando si prova a parlarne in film e romanzi. E' facile andare sopra le righe con scene in cui i personaggi si accusano ferocemente per la fatalità accaduta, si strappano i capelli e singhiozzano con il nome del caro estinto sulle labbra. Questo non è assolutamente il caso di Rabbit Hole che, anzi, colpisce per il modo molto contenuto con cui i personaggi affrontano le proprie emozioni. Non che siano aridi - anzi - ma sono persone che cercano di ricominciare a vivere, persone che cercano di tornare perfettamente funzionali. Leggendo un'intervista di Lindsay-Abaire, mi ha colpito come dicesse che anche le persone in lutto devono svuotare la lavastoviglie e fare la spesa: questa immagine è una perfetta metafora di Rabbit Hole, la storia di persone che provano ad essere di nuovo efficienti.
Claire Skinner e Georgina Rich
Questi sentimenti sempre a fior di pelle ma quasi mai chiaramente espressi sono difficili da portare in scena, ma Claire Skinner lo fa egregiamente nel ruolo di Becca. La sua performance è davvero straordinaria, non di quell'inutile virtuosismo che piace tanto a certi interpreti, ma così sottile da risultare ancora più devastante: quando alla fine dà sfogo alle lacrime trattenute per tutto lo spettacolo, l'effetto è incredibilmente potente. Ottimo anche il marito Howie di Tom Goodman-Hill e la bravissima Penny Downie nel ruolo di Nat, la madre di Becca. Anche Nat ha subito una perdita simile a quella di Becca, il figlio eroinomane si era suicidata alcuni anni prima, e la scena in cui parla con la figlia di come il dolore possa in qualche modo diventare confortante, quasi come un sostituto della persona che lo causa, è tra le più commoventi del dramma. Ruba la scena dei panni di Jason Sean Delaney: appena diplomato alla Royal Academy of Speech and Drama, il giovane attore è una sicura promessa. Un po' più legnosa Georgina Rich nel ruolo di Izzy, la sorella di Becca.
Grazie alla bravura del cast, alla salda regia di Edward Hall e alle belle scenografie di Ashley Martin-Davis, la produzione di Rabbit Hole all'Hampstead Theatre è una messa in scena ben riuscita e intensa dell'ottimo testo di Lindsay-Abaire.
★★★★
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